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Non c'è dubbio che la catastrofe umanitaria che la Siria sta affrontando dopo il terribile terremoto ha ispirato molti paesi ad agire e ad aiutare, poiché i tabù politici vengono spesso aggirati di fronte alla catastrofe umana. Tuttavia, dal punto di vista politico, la situazione rimane molto complicata.

Molti osservatori hanno notato negli ultimi anni l'attivismo politico degli Emirati riguardo alle questioni siriane.  Il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Abdullah Bin Zayed, ha visitato spesso Damasco e, naturalmente, Bashar Assad ha rotto il suo embargo politico visitando gli Emirati Arabi Uniti.  Questo sforzo sembra essere parte degli sforzi degli Emirati Arabi Uniti per rimodellare una posizione araba a sostegno della fine della crisi siriana.  Questi sforzi non sono ancora riusciti a riportare la Siria nella Lega Araba, ma il numero di paesi arabi che ora si impegnano con la Siria, o non hanno obiezioni al suo ritorno, sta aumentando.

Published in Medio Oriente

NATO: OPEN DOOR POLICY

Venerdì, 20 Gennaio 2023 18:15

L'invasione russa dell'Ucraina nel febbraio 2022 ha spinto Svezia e Finlandia, due paesi storicamente non allineati militarmente, a chiedere l'adesione alla NATO nel maggio 2022. Ventotto, dei 30 Stati membri dell'alleanza hanno già ratificato le domande di adesione alla NATO presentate da Svezia e Finlandia. Le adesioni alla Nato, richiedono l'approvazione di tutti i 30 stati membri dell'Alleanza. 

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NATO VS NATO

Giovedì, 19 Gennaio 2023 16:05

Kastellorizo (l’isola greca dove è stato girato il film Mediterraneo)è al centro di una disputa tra la Grecia, a cui appartiene l'isola, e la Turchia. La Grecia, afferma che Kastellorizo (118 kilometri da Rodi e soli 2 km e mezzo dalle coste turche) gode di una zona economica esclusiva (ZEE), di 200 miglia nautiche, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. La Turchia afferma che Kastellorizo è troppo piccola e lontana dalla Grecia continentale per avere diritto a unZEE

Published in Europa

Iniziate iniziative di riavvicinamento di alcuni Paesi arabi verso la Siria. Sebbene la visita del ministro degli Esteri degli Emirati a Damasco non sia stata una sorpresa poiché gli Emirati sono sempre stati favorevoli al ricongiungimento con la Siria, è comunque un'importante dimostrazione del potenziale per Damasco di tornare alla Lega araba.

La posizione degli Emirati sulla Siria ha preso una svolta radicale quando il paese del Golfo ha preso posizioni forti contro i gruppi islamici che hanno preso il potere in alcuni paesi arabi durante la primavera araba. Il conflitto tra Emirati Arabi Uniti e Turchia ha spinto anche Abu Dhabi a cambiare posizione in base alla regola; Il nemico del mio nemico è mio amico.

Molti degli ostacoli all'inclusione della Siria sono cambiati. Non c'è un chiaro veto da parte dell'Arabia Saudita, che è la posizione critica sia a livello del Golfo che a livello arabo. Sebbene la posizione degli Stati Uniti sia ancora poco chiara, ma non vi è nemmeno un chiaro veto, nonostante le sanzioni nel Caesar Syria Civilian Protection Act, la riconciliazione politica è difficile. L'assenza di una chiara iniziativa degli Stati Uniti nei confronti della Siria incoraggerà i paesi a iniziare a prendere provvedimenti, alcuni potrebbero persino pensare che così facendo gli Stati Uniti saranno obbligati ad accettare questi passi.

Published in Medio Oriente

Sempre più spesso gli Stati si comportano riflettendo il momento storico: Lasciato alle spalle il dualismo del passato – i due blocchi della Guerra fredda – si procede spediti verso un periodo in cui tutti cercano di prevalere sugli altri loro antagonisti

di Emanuela Locci (*) – La Turchia fa parlare di sé, sia in relazione alle dispute internazionali che la vedono contrapposta a paesi come la Grecia, la Francia e gli Emirati Arabi Uniti, per la questione relativa alla ricerca e allo sfruttamento delle fonti energetiche presenti nel Mediterraneo Orientale, sia per le questioni di politica interna che vedono un progressivo indebolimento, almeno secondo gli ultimi sondaggi, del partito al potere, l’Akp, guidato dal presidente della repubblica Erdogan.

Published in Medio Oriente

Da mesi la Turchia sta vivendo un’escalation del potere del Presidente Recep Tayyip Erdoğan e del suo partito l’Akp che regge le sorti del paese da quasi un ventennio.

La girandola di avvenimenti che stanno interessando la Turchia è impressionante: dalla Libia alla Siria, alla contesa sulle fonti energetiche del Mediterraneo orientale, che la vedono contrapposta in particolare alla Grecia, paese con cui Ankara non ha mai avuto buoni rapporti.
Si è inasprito negli ultimi giorni anche il confronto con la Francia, che ha dei forti interessi nella zona e intende difenderli e con gli Emirati Arabi Uniti, che in questo frangente, hanno appoggiato immediatamente la Grecia con l’invio di arerei in supporto delle forze aeronavali elleniche.

L’audace e spregiudicata politica estera, e l’accrescimento della sua influenza in paesi geograficamente lontani, come quelli africani, ma strategici, ha messo in allarme molte diplomazie, da quelle europee a quelle del mondo arabo che mal tollerano la presenza turca in numerosi scenari strategici internazionali.
Il caso più evidente è quello della Libia, dove la Turchia ha per il momento scalzato l’Italia e la Francia e in questo momento sta svolgendo un ruolo primario per la risoluzione almeno temporanea della guerra civile in corso da anni.

Militari turchi in Libia

Al quadro internazionale si aggiunge quello interno caratterizzato da un governo che assomiglia sempre più ad una dittatura, con le opposizioni messe a tacere, i diritti umani calpestati, e con gli oppositori incarcerati che non hanno altra alternativa se non quella di portare avanti scioperi della fame ad oltranza e spesso mortali, nella vana speranza di vedere riconosciuto il diritto ad un giusto ed equo processo.
La popolazione sembra assopita e anestetizzata, anche a causa del Covid 19 che ha fatto deflagrare tutti i cronici problemi economici e sociali. Le priorità del cittadino turco medio non sono oggi quelle di combattere le iniquità e le ingiustizie, quanto quelle di sfamarsi, di trovare e soprattutto di non perdere il lavoro e cercare di superare questo periodo di crisi.

La scena politica è in mano all’Akp, ma già si notano le crepe che potrebbero portare alla dissoluzione di questo partito-stato: il calo dei consensi, le pressioni esercitate dagli alleati ultra nazionalisti e dai tanti gruppi di potere, in particolare quelli religiosi, fanno intravedere un incrinamento del potere del Presidente, che rimane la punta di diamante del partito.
Proprio Erdoğan vista la diminuzione del consenso popolare sul partito ha cercato di accrescere il proprio prestigio personale portando avanti alcune operazioni sia a livello internazionale che interno.
Tuttavia le prospettive non sono incoraggianti perché l’impegno della Turchia su più fronti e in vari contesti, con un ruolo non secondario, ha costi molto alti sia umani che economici.
L’economia è in ginocchio e l’ultimo espediente per cercare di salvarla, finanziando le imprese con i fondi derivanti dalle pensioni private, non è riuscito a stabilizzare l’inflazione che è galoppante e ad ancorare il valore della moneta che è stata svalutata ed ha perso gran parte del suo valore d’acquisto.

Per quanto tempo ancora la Turchia potrà sostenere tutto ciò?
La nazione sta rischiando un pericoloso avvitamento su sé stessa che potrebbe condurre ad una implosione politica ed economica. Sia ad Ankara e ad Istanbul, negli ambienti dell’opposizione, che in Europa e nelle capitali estere è chiaro che questa situazione è stata determinata dalla dissennata linea politica di una leadership che ha pericolosamente sovraesposto la nazione.
Un rischio che la Turchia potrebbe non essere in grado di reggere. I segnali sono già presenti e in un futuro non troppo lontano potremo sentire parlare di una nuova Turchia, libera da regimi autoritari e ingiustizie.

Emanuela Locci

Fonte: https://www.groi.eu/0YN5n

Published in Medio Oriente

In Turchia per due giorni nessuno potrà uscire di casa per nessun motivo. Il governo turco ha dichiarato lo stato di coprifuoco da mezzanotte e per 48 ore per 31 province e 30 città in cui si sono registrati numerosi casi di Covid 19. Poco dopo l’annuncio del ministro degli interni, a Istanbul si è scatenato il panico e la gente è scesa in strada per correre a comprare cibo e beni di prima necessità.

Published in Medio Oriente

Il blocco causa coronavirus non ferma gli aerei provenienti dalla Turchia. Nessuno sa cosa trasportino in Libia. Intanto aumentano scontri armati e rischio contagi

Molti Paesi stanno combattendo la propria battaglia contro il Covid-19, virus che nel giro di un paio di mesi ha stravolto le nostre abitudini e fatto soccombere migliaia di persone. Anche i paesi dell’area del Mediterraneo stanno mettendo in campo quanto possono per evitare la catastrofe e scongiurare la morte dei propri cittadini, ma non stanno facendo solo quello.

Published in Africa

La Turchia fino a pochi giorni fa era troppo impegnata nella guerra in Siria e nell’ottenere dall’Unione Europea accordi vantaggiosi per gestire l’ondata migratoria, per occuparsi di un altro problema che nel frattempo aveva fatto capolino nei suoi territori: il Coronavirus.

A ieri la Turchia si dichiarava immune dal morbo: le affermazioni dei politici al potere erano tutte nella direzione di negare che nel paese ci fossero casi di contagio, optando per l’opzione di considerare i morti per polmonite, semplicemente deceduti per un’influenza stagionale. La situazione però nelle ultime ore sembra sfuggita di mano alla classe dirigente. La nazione è in preda al panico, esattamente come è accaduto in Italia e come accadrà probabilmente negli altri paesi. Le città sono deserte. La gente ha paura e svuota i market.

Published in Medio Oriente

Primo stop al sultano di Ankara

Domenica, 08 Marzo 2020 11:32

La crisi in Siria. Erdogan il Covid 20 dell’ Europa. Come se non bastasse il 19!

Dopo l’annunciato vertice del 5 Marzo, giovedì, la Turchia e la Russia hanno confermato un cessate il fuoco a Idlib, l’ultima enclave dell’opposizione al governo della Siria, accettando, tra l’altro, di stabilire un corridoio di sicurezza con pattuglie di controllo composte di personale di entrambi i paesi. L’annuncio è arrivato dopo un incontro di quasi sei ore tra i leader dei due paesi a Mosca.

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