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25-06-2013

GLI “AMICI DELLA SIRIA” PRONTI AD AGIRE?

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Undici paesi sembrerebbero pronti a incrementare il proprio aiuto ai gruppi ribelli che combattono il regime di Assad. Questo è quanto emerso dall’ultimo summit del collettivo diplomatico internazionale “Friends of Syria Group” tenutosi a Doha (Qatar) il 21 e il 22 giugno. Rispetto al primo incontro di Marrakech (12 dicembre 2012) al quale presero parte ben 144 paesi, il meeting di Doha ha registrato la partecipazione di soli undici stati; eppure, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, Germania, Egitto, Giordania, Turchia, Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi si sono dichiarati pronti e intenzionati a supportare la guerriglia anti regime in termini di rifornimento d’armi ed equipaggiamenti. Per l’Emiro del Qatar Al-Thani rifornire armi ai ribelli è l’unica carta da giocare: «l’uso della forza è necessario per ottenere giustizia», queste le sue parole a summit concluso. La stessa linea pare esser condivisa dal Segretario britannico per gli Affari Esteri William Hague secondo il quale una soluzione politica al conflitto è difficilmente immaginabile: «se Assad e il suo regime pensano di poter eliminare ogni forma di legittima opposizione con la forza, è nostro dovere fornire assistenza a tale opposizione» ha dichiarato Hague, pur sottolineando che al momento Londra non ha espresso una propria posizione ufficiale.

Al momento Francia e Stati Uniti sono impegnate in attività d’addestramento alle forze ribelli in Turchia e Giordania ma, da quanto emerso nel corso del summit di Doha, gli undici “amici” sarebbero pronti a fare qualche passo in più. Apparentemente l’Arabia Saudita si sarebbe mossa in anticipo accelerando le operazioni di rifornimento. Inoltre, come dichiarato da Salim Idris, ex-generale dell’esercito regolare di Assad e ora guida del Consiglio Militare Supremo dell’Esercito Siriano Libero, i suoi uomini non sarebbero in grado di allestire un’efficace difesa antiaerea ed è per questo motivo che necessiterebbero di missili contraerei, di missili anticarro, e di missili a lungo raggio per impedire alle forze lealiste di riconquistare l’intero territorio.

La situazione si è ulteriormente complicata da quando sono intervenuti nel conflitto gruppi islamisti radicali come il Fronte al-Nusra legato ad al-Qaeda che, pur combattendo contro il regime di Assad, rappresentano una minaccia per la sicurezza regionale e internazionale. La presenza di questi gruppi è diventata fonte di preoccupazione per gli undici membri del collettivo tanto che, come dichiarato dal presidente francese Hollande, è fondamentale che gli oppositori del regime riconquistino le aree ora in loro possesso. E proprio la presenza di questi gruppi estremisti rende necessario studiare un piano d’azione che permetta fornire il necessario supporto alle milizie ribelli evitando però di fornire un aiuto involontario ai combattenti estremisti giacché, non solo si finirebbe con armare potenziali gruppi terroristici, ma si finirebbe col fornire ad Assad il pretesto per un uso più intenso della forza contro i propri oppositori. Alla luce di ciò, gli aiuti potrebbero passare proprio per il Consiglio Militare Supremo dell’Esercito Libero, una mossa che permetterebbe di rassicurare i partner occidentali del collettivo; in questo senso, il generale Salim Idris si è assunto la responsabilità di gestire gli aiuti assicurando un pieno controllo sulla distribuzione dei rifornimenti.

© Riproduzione Riservata

Alessandro Mazzilli

Laurea in Scienze Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Torino.

Esperto in Politica Estera di Difesa e Sicurezza e sulle relazioni Euro – Atlantiche.

Analista Geopolitico

Consulente in Servizi di Stuarding e controlli di sicurezza.

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