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Ad Idlib la situazione umanitaria è grave: secondo i report delle Nazioni Unite ci sono tra 800.000 e 1.000.000 di persone coinvolte nei combattimenti, mentre circa 692.000 persone siano fuggite dalle città a sud di Idlib nelle ultime settimane, e altre 400.000 stanno cercando di entrare in Turchia, dove si trovano già circa 4 milioni di siriani.

L’offensiva militare minaccia anche il conflitto tra i membri della NATO, Turchia e Russia. Durante la notte del 2-3 febbraio Ankara ha organizzato un convoglio militare verso Idlib. Ciò ha portato a un primo scontro a fuoco tra l’esercito turco e quello siriano con perdite per entrambi. Erdoğan ha avvertito il suo (ex?) partner, Putin, che se Mosca non riuscirà a controllare Damasco, Ankara agirà. In effetti, la Russia sta guidando l’offensiva usando la sua supremazia aerea per agevolare le operazioni terrestri siriane. Affermare che la situazione è “pericolosa” è un eufemismo. Erdoğan con le sue idee di grandezza cerca di trascinare la NATO nello scontro. Ha invocato l’articolo 4 del Trattato dimenticando che ha acquistato missili antiaerei da Putin e che ha utilizzato milizie turcomanne e ex ISIS per eliminare le resistenze curde al confine con la Siria ( tutto questo in aperta violazione della Convenzione di Ginevra).

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La Turchia apre le porte dell’Europa ai suoi 3,6 milioni di rifugiati siriani.

Migliaia di migranti cercano di prendere d’assalto il confine greco dopo che la Turchia ha dichiarato che non impedirà ai suoi 3,6 milioni di rifugiati di raggiungere l’Europa.

Ankara ha giurato di non impedire ai migranti di raggiungere il continente e la Grecia è stata costretta a usare i gas lacrimogeni sulle folle ai suoi confini.

Published in Medio Oriente

Continua su più fronti l’audace linea politica estera della Turchia nel Mediterraneo. Il fronte che più ci interessa è quello dello scacchiere libico che per tante ragioni sta a cuore all’Italia. La Turchia incurante delle decisioni prese alla conferenza di Berlino, ha continuato e continua tutt’ora a fornire di armi l’esercito di Sarraj.

È delle ultime ore la notizia che la polizia italiana ha fermato una nave nel porto di Genova e che il comandante sia stato arrestato perché accusato di traffico internazionale di armi. Un testimone, componente dell’equipaggio, avrebbe fatto verbalizzare che la nave, che secondo i documenti ufficiali doveva trasportare automobili, in realtà durante una parte del suo viaggio ha trasportato e consegnato armi e attrezzatura dalla Turchia alla Libia.

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La Turchia apre le frontiere

Venerdì, 28 Febbraio 2020 22:58

Erdogan dà il via libera per 72 ore al passaggio dei profughi siriani in Europa. La Turchia apre le frontiere con la Siria.

Violentissima escalation militare giovedì 27 febbraio a Idlib, la regione del nord-ovest della Siria dove sono in corso ormai da tempo scontri tra le forze governative di Assad, che godono del sostegno della Russia e le milizie ribelli sostenute invece dalla Turchia. Dopo i bombardamenti aerei russi di ieri che hanno causato secondo fonti turche, 33 soldati morti e 36 feriti, la situazione sul fronte siriano sembra precipitare. La Russia parla di “increscioso incidente” e cerca di riportare tutto alla normalità dichiarando che i soldati turchi uccisi da Damasco si trovavano in mezzo a terroristi siriani. Specificando inoltre che i soldati turchi non avrebbero dovuto essere presenti in zona. La risposta turca non si è fatta attendere.

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La Turchia blocca l’Europa nel Mediterraneo

Giovedì, 27 Febbraio 2020 22:45

Nelle ultime settimane la politica energetica della Turchia ha tenuto banco nei consessi internazionali. La situazione sembrava esservi stabilizzata e invece i turchi colpiscono con un ultimo colpo di coda.

Infatti il governo di Erdogan ha emesso un Navtex, che è un servizio internazionale di trasmissione usato per trasmettere informazioni urgenti sulla sicurezza alle navi, per bloccare le ricerche geologiche della  nave italiana Odin Finder, ricerche finalizzate alla costruzione del cavo elettrico sottomarino chiamato HVDC che dovrebbe collegare l’Africa all’Europa. Il cavo lungo 1707 km, unirà l’Egitto alla Grecia, passando per le isole di Creta e Cipro e trasporterà 2.000 MW di energia elettrica, quantità in gradi di assicurare all’Europa una disponibilità di energia certa.

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La Turchia ormai da diversi mesi ha incrementato la sua presenza in Libia, in prima battuta appoggiando il Governo di Accordo Nazionale di Fayez al Sarraj, inviando armamenti e attrezzature militari. Successivamente ha stipulato un accordo con lo stesso governo per lo sfruttamento delle risorse petrolifere nella Zona Economica Esclusiva libica decretando di fatto una presenza economica oltre che militare.

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Turchia: il miraggio ottomano di Erdoğan

Sabato, 08 Febbraio 2020 23:55

Turchia in primo piano nelle tensioni mediterranee che tengono banco e che sono essenzialmente legate alla Conferenza di Berlino sulla Libia e alle trivellazioni turche nelle acque vicine a Cipro.

 

Per ciò che concerne la conferenza di Berlino, che ha visto la partecipazione di numerosi Stati e organizzazioni internazionali, la situazione libica non sembra pervenuta ad una svolta.  Oltre all’accordo di facciata, in parte predefinito a Mosca e le scenografie diplomatiche, la conferenza ha comunque fatto chiarezza su alcuni punti.

Innanzitutto la consapevolezza che l’Italia abbia ormai perso la centralità nel Mediterraneo. Diversamente avremmo assistito alla “Conferenza di Roma” ed invece scopriamo che la Germania, che finora ha tenuto un basso profilo sulla politica mediterranea, ha un interesse sull’evoluzione della situazione in nord Africa e colma il vuoto diplomatico e politico lasciato dal nostro Paese.

La seconda riflessione pone alla ribalta la rinnovata politica estera della Turchia, che si è guadagnata, insieme alla Russia, un ruolo centrale per una soluzione diplomatica della crisi libica. Due Paesi che più di ogni altro hanno accresciuto la propria influenza in Libia, a discapito dell’Italia.

Mai come oggi la Turchia, considerata una potenza di medio “cabotaggio”, è stata così onnipresente. La si ritrova protagonista in ogni situazione critica nel bacino del Mediterraneo o in Medio Oriente. Prima in Siria, a seguire in Libia e poi sul fronte della gestione dei rifugiati: la politica estera turca si sta muovendo su più ambiti, quelli più caldi, con un solo obiettivo: costruirsi una centralità ineludibile nello scacchiere mediterraneo e medio orientale.

La Turchia accarezza in pratica il sogno-progetto di tornare agli splendori del periodo imperiale. Una linea politica chiara e perseguita con disinvolta perseveranza.

Influenzare le sorti della Libia, a suo tempo parte dell’Impero ottomano prima di diventare colonia italiana e tutto il Mediterraneo rientra a pieno titolo nel programma governativo. L’avvio di questo progetto è rappresentato dall’accordo libico-turco sui confini marittimi, osteggiato da Grecia, Egitto e Cipro, e che in pratica divide in due il Mediterraneo.

Con questo patto la Turchia si garantisce l’utilizzo dei gasdotti che rientrano in un quadrante marittimo posto fra le coste del Nord Africa e quelle della Turchia. Recep Tayyip Erdoğan cerca così di rendersi energicamente indipendente dalla amica-nemica Russia, che sta già arrivando in Turchia con Gazprom.

Il  sostegno turco ad Al Sarraj è incentrato essenzialmente  sulla protezione dell’accordo commerciale. Che il petrolio sia centrale nella vicenda  è evidenziato  anche dalle azioni di Haftar che prima della conferenza di Berlino ha chiuso i pozzi della Cirenaica, per lanciare un messaggio preciso alla Turchia: “finché i turchi sono in Libia niente petrolio”. Malgrado l’ultimatum non pare tuttavia che i turchi si siano scomposti più di tanto.

Nel Mediterraneo orientale, poi le navi battenti bandiera turca, Barbaros, Fatih, Yavuz, Oruç e Reis sorvegliano le trivellazioni a largo di Cipro.

La stessa Unione Europea e non da sola si è detta preoccupata per le possibili ripercussioni internazionali della vicenda, ma non pare che ciò impensierisca Ankara, che prosegue trivellazioni ed ricerche.

Un altro fronte aperto, che interessa da vicino anche l’Europa, è quello dei rifugiati siriani ospitati in territorio turco. Erdoğan si è recato a Berlino anche per chiedere all’Unione Europea di mantenere fede agli accordi e finanziare il proprio governo per la gestione dell’annosa questione.

Il leader turco ha proposto la creazione di una zona cuscinetto in territorio siriano in cui i rifugiati possano vivere provvisoriamente.

Sulla gestione umanitaria del flusso dei rifugiati la Turchia è nuovamente in una posizione di forza nei confronti dell’UE, che appare divisa, non univoca ed inefficace su molti fronti: primo fra tutti la politica estera.

La Turchia è ben conscia delle difficoltà europee e su questo fa abilmente leva per raggiungere i suoi obiettivi. La domanda che in molte capitali si pongono è: fino a dove e fino a quando?

Emanuela Locci – PhD di Storia e Istituzioni di Asia e Africa presso il Dipartimento storico politico e internazionale della Facoltà di scienze politiche dell’Università di Cagliari

Fonte: https://www.groi.eu/bl1pv

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Un’autentica mina vagante nel Mediterrano: questa è la Turchia di Erdogan che, fra le varie cose, ha nostalgia di allungare le mani sulla Libia che gli fu strappata nel 1911 dal Regno d’Italia. Parola del generale Giuseppe Morabito, alto ufficiale dell’Esercito Italiano che ha lasciato il servizio attivo nel 2016 ma che dal 2007 collabora con alcune università italiane come esperto di settore, focalizzando i suoi studi su questioni riguardanti i Balcani e il Medio Oriente. Inoltre svolge attività didattica focalizzata sul Medio Oriente presso tutti gli istituti di formazione militare in Italia ed alcuni organizzazioni similari nel Medio Oriente. Il Generale Morabito intrattiene relazioni di reciproco interesse con Giordania, Israele, Mauritania, Tunisia, Kuwait, Oman ed Emirati Arabi. Morabito è membro fondatore dell’Institute for Global Security and Defense Affairs (IGSDA), è membro del Collegio dei Direttori della NATO Defense College Foundation (NDCF) e membro dell’Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia (UNUCI).

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Riportiamo l’intervista di Emanuela Locci, storica del Mediterraneo, con il generale Giuseppe Morabito


07-02-2020 – Emanuela Locci, storica del Mediterraneo intervista il generale Giuseppe Morabito, membro del direttorato della NATO Defence College Foundation, sulla situazione geopolitica del Mediterraneo in relazione alle perforazioni attuate dalla Turchia a largo di Cipro e ci autorizza a pubblicare.

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Le mani della Turchia sul Mediterraneo

Lunedì, 03 Febbraio 2020 12:59

La mire espansionistiche turche si stanno manifestando in tutta la loro natura. Il governo turco, dal momento in cui Mosca e Ankara hanno ripreso una intensa attività diplomatica e di collaborazione in ambito internazionale, ha portato avanti una politica estremamente aggressiva e ambiziosa verso ovest. La Turchia ha costruito una fitta rete di organizzazioni statali e parastatali che progressivamente hanno penetrato i contesti europei e nord-africani, divenendo di fatto un attore di primo piano per gli equilibri geostrategici dell’area del Mediterraneo. Energia e difesa stanno trainando le politiche estere di Erdogan, che approfittando della natura islamista del suo governo, infiltra i governi e i movimenti politici algerini, tunisini, libici, egiziani, serbi, macedoni, greci, albanesi, bosniaci. Agendo rapidamente e mediante la messa a disposizione di grandi risorse, la Turchia infatti sta - già da alcuni anni - influenzando le politiche energetiche balcaniche, in considerazione dell’attenzione strategica che nei prossimi decenni investirà l’area dell’Adriatico. 

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