Negli Emirati Arabi Uniti si avvicinano le elezioni che si terranno nel prossimo ottobre, per il rinnovo del Parlamento.
Negli Emirati Arabi Uniti si avvicinano le elezioni che si terranno nel prossimo ottobre, per il rinnovo del Parlamento, e lo Sceicco Khalifa bin Zayed Al Nahyan, in vista dell’impegno elettorale, ha emanato una nuova legge per cercare di incrementare la rappresentanza delle donne nel Federal National Council fino al 50%.
Si sta tenendo in questi giorni, a New York la 74a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a cui partecipano i più importanti leader mondiali. Tra loro anche la delegazione emiratina guidata dallo sceicco Abdullah bin Zayed Al Nahyan ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
A margine dell’Assemblea generale S.A. Sceicco Abdullah bin Zayed Al Nahyan, ha tenuto una serie di incontri chiave con i ministri degli esteri partecipanti per riesaminare le modalità di promozione delle relazioni degli Emirati Arabi Uniti con i rispettivi paesi, nell’ottica di politiche comuni per la risoluzione di problemi comuni.
Il fascino e la capacità attrattiva che gli Emirati Arabi Uniti esercitano nei paesi europei non è frutto della casualità, ma si fonda su un insieme di fattori estremamente invitanti, che rendono oggi gli UAE in assoluto il paese più interessante a cui guardare nei prossimi anni in Medio Oriente. Gli UAE stanno puntando con forza verso un’espansione del settore delle infrastrutture, alimentata dal desiderio di rendere il paese il più possibile accessibile e smart nel futuro.
Si avvicina l’inizio di uno degli eventi più attesi degli ultimi anni: Expo 2020. Dubai, la splendida città avveniristica negli Emirati Arabi Uniti, ospiterà padiglioni da tutto il mondo e si tratterà di una meravigliosa opportunità per le imprese di ampliare il loro business e le prospettive di crescita di settori strategici.
Nel difficile contesto libico, martoriato da anni di conflitto, divisioni interne, ingerenze straniere aggressive, il ruolo di alcuni attori esterni si contraddistingue per pragmatismo e visione a lungo termine.
È il caso degli Emirati Arabi Uniti, un paese che ha mostrato grande interesse verso una risoluzione pacifica e politica della crisi libica. Abu Dhabi ha sempre operato dimostrando la volontà di interloquire con tutti gli attori interessati nell’ottica di un dialogo ampio tra le parti, affinché nessuno potesse rimanere escluso da un percorso che necessariamente deve dimostrarsi il più possibile inclusivo.
L’obiettivo degli Emirati è quello di sviluppare il settore spaziale nazionale che sta per essere realizzato con lo sviluppo di uno spacecraft, la costruzione di una struttura locale per la fabbricazione di satelliti e che prevede il training per gli astronauti, ed il lancio di un programma globale scientifico e di ricerca.
Gli Emirati Arabi Uniti partecipano attivamente alle missioni spaziali internazionali che sono in programma per il 2019. In realtà la partecipazione emiratina è di vecchia data, come ha tenuto a precisare Sua Altezza lo Sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, Vice Presidente e Primo Ministro degli UAE e Governatore di Dubai, dichiarando: “Il viaggio che abbiamo intrapreso 12 anni fa sta cominciando a produrre i suoi primi risultati”.
“There can be no reasoning, no negotiation, with this brand of evil. The only language understood by killers like this is the language of force”[1]. With these words US President Barack Obama addressed the 69th UN General Assembly while talking about Islamic State issue adding that “the United States of America will work with a broad coalition to dismantle this network of death”[2].
On the bloody civil war that Egypt weigh more than the religious motivations funding occult and not that rich monarchies of the Gulf, the U.S. and Turkey to send the warring parties.
Voluntary contributions to confirm a weak peace, such as those sent by the United States to the Muslim Brotherhood a year ago to get a non-aggressive policy with Israel, or like those now sent by the countries of the Gulf to radicalize the clashes.
Eleven countries seem ready to increase their engagement in helping rebels group fighting Assad’s regime. That is what emerged from the latest “Syria Friends Group” summit hosted in Doha (Qatar, 21-22 June). Far from the 144 participants of the first Group meeting in Marrakech (12 December 2012), there were only eleven countries in Doha; and yet United States, Great Britain, France, Italy, Germany, Egypt, Jordan, Turkey, Saudi Arabia, Qatar and United Arab Emirates declared themselves ready and inclined to support the anti-regime guerrilla with weapons and equipment supplies. In Al-Thani, Qatar Emir, «force is necessary to achieve justice, and the provision of weapons is the only way to achieve peace in Syria's case». British Foreign Secretary William Hague declarations followed the same line, although he reiterated that London had yet to take a formal decision: «we won't get a political solution if Assad and his regime think they can eliminate all legitimate opposition by force, and so we do have to give assistance to that opposition», he said.