L'Unione Africana ha approvato da poco il piano per il dispiegamento di una forza di peacekeeping più robusta e organizzata rispetto a quella già dispiegata dalla missione UNMISS sul territorio del Sud Sudan.
La Libia è in piena guerra civile oltre che senza una Costituzione. La Costituzione dovrà essere redatta da un comitato scelto tra tre regioni e dovrà tenere conto dei vari interessi federalisti rivali oltre che delle richieste provenienti dalle varie tribù in lotta fra loro.
I federalisti libici si rifanno a vecchie divisioni sorte anteriormente alla data di quando Gheddafi è salito al potere nel 1969.
Le dichiarazioni di indipendenza della Cirenaica e della regione del Fezzan meridionale rischiano di aggravare il caos libico, con un governo debole paralizzato dall’inerzia e milizie armate con poco sostegno popolare, Tripoli è tenuta in ostaggio.
La battaglia della notte nella capitale del Burkina Faso conferma le preoccupazioni delle scorse settimane.
Il terrorismo di matrice islamica oltre a globalizzare propaganda e azioni a basso impatto è riuscito a creare un vero e proprio net per il cosiddetto terrorismo molecolare che, anche se solo ispirato, riesce autonomamente ad organizzare attentati ovunque.
Dopo mesi di negoziati pressoché infruttuosi, gli sforzi dell’ONU, profusi nel rendere possibile la formazione di un governo di unità nazionale in Libia, potrebbero dare i propri frutti: un Accordo definitivo è pronto e le parti coinvolte (i governi di Tripoli e Tobruk) potrebbero firmarlo entro la fine di Ottobre.
Dopo l’inaugurazione ,giovedì scorso del nuovo tratto del canale di Suez, con una grande cerimonia da parte del governo egiziano ed un eccezionale schieramento di sicurezza a tutela dell’evento il Capo dell’Ufficio Stampa dell’Ambasciata Egiziana a Mosca Aiman Mousa a spiegato : si tratta di 72 km di canale parallelo al vecchio costruito 146 anni fa. Il nuovo canale permetterà alle navi in transito di procedere in entrambe le direzioni e ridurre il periodo di attesa da 22 ore ad 11, aumnetando i ricavi.
La crisi nella Repubblica Centrafricana
La violenza politica è stata una costante nella storia della Repubblica Centrafricana. Dal 2012, terminata una guerra civile di 3 anni (2004-2007), il Paese sta fronteggiando un nuovo periodo di crisi. Dopo una prima fase di “gestazione”, la crisi vera e propria è esplosa marzo 2013, quando le milizie musulmane (Séléka) hanno raggiunto e invaso la Capitale (Bangui) costringendo il Presidente Bozize alla fuga. Nei mesi successivi, lo scontro ha assunto un carattere esclusivamente interreligioso, abbandonando ogni logica legata alla lotta per il potere: cristiani contro musulmani, le milizie Séléka contro le milizie anti-balaka. Vittima principale di questa nuova spirale di violenze è stata la popolazione non-combattente.
Mentre continuano ad arrivare frammenti di notizie da Tunisi, dove oggi ha avuto luogo un attacco al museo Bardo, ci s’interroga sull’efficacia del blitz con il quale le autorità locali intendevano liberare gli ostaggi e sui modi in cui esso è stato condotto.
Nella mattina di oggi un'esplosione ha colpito una caserma di polizia nel centro di Tripoli, nel quartiere di Zawiya al Dahani; l'attentato è stato immediatamente rivendicato tramite Twitter dall'Isis. La sede della polizia era occupata dalla milizia islamica locale guidata da Abdel Rauf Karah.
La notizia rimbalza sul web: navi italiane, tra cui la San Giorgio, hanno lasciato le coste italiane dirette verso la Libia.
Non si tratta di un’operazione di guerra: teoricamente le manovre rientrano nel quadro di un’esercitazione annuale della Marina Militare conosciuta come operazione Mare Aperto, già attiva negli anni ’90.
Si può parlare anche di una “dimostrazione di forza”, data la complessa situazione libica; pratica non poco comune se si pensa alle esercitazioni NATO nelle repubbliche baltiche, a quelle russe ai confini con l’ucraina o a quelle greche e turche sul Mar Egeo.
Al Baghdadi spinge le azioni terroristiche nel nord Africa e con Parigi applica la tattica della contingenza.
Non esiste per l’Isis una strategia ottimale, i leader jihadisti hanno ben chiaro che è sempre lo scenario a rendere vincente una strategia. Quando i teatri di conflitto vengono modificati verso la saturazione delle nuove possibili aree, si indeboliscono le capacità psicologiche difensive degli avversari rendendo quasi inutile la prevenzione.