Boko Haram continua la sua campagna di devastazione, obiettivo: la creazione di uno stato islamico. Come è già stato messo in luce, la costruzione di uno stato islamico in Nigeria, sul modello di quello creato da Al-Baghdadi in Iraq e Siria, è da tempo oggetto di dibattito all’interno della intelligence community. Anche in questo caso esso sarebbe da considerarsi quale ultimo stadio evolutivo di un gruppo terroristico. Gli attacchi avvenuti gli ultimi mesi, compresi quelli di Baga del 3 e 7 gennaio 2015, sembrano corroborare questa ipotesi.
Le divisioni interne libiche si riflettono sempre di più sui maggiori centri di potere. Gli interessi politici e commerciali, come era prevedibile, seguono le rotte dettate dalla frammentazione etnica, religiosa e tribale della Libia, alimentando persistenti lotte per l’accaparramento di risorse e la spartizione del potere. Oggi la Libia appare sostanzialmente divisa in due grandi blocchi, uno dei quali (il blocco definibile islamista) è composto dalle forze occupate nell’Opertion Dawn, il General National Congress (GNC) e altre milizie provenienti dalla città di Misurata, nel nord-ovest del Paese.
Nella giornata di Sabato 17 Maggio, il presidente francese François Hollande ha tenuto un summit d’alto livello a Parigi radunando gli omologi di Nigeria, Benin, Cameroon, Niger e Chad[1] al fine di trovare una soluzione al problema rappresentato dal gruppo fondamentalista islamico Boko Haram, gruppo che ha attirato su di se l’attenzione mondiale dopo aver rapito oltre 200 studentesse nel nord-est della Nigeria il mese scorso.
Le truppe francesi e i peacekeepers dell’Unione Africana fanno fatica ad arginare l’esplodere della violenza nella Repubblica Centrafricana (CAR), ed è per questo motivo che Parigi, in occasione del Consiglio Europeo del 19-20 dicembre, si è rivolta all’Europa in cerca di un aiuto militare e/o finanziario. L’anima della proposta Francese consiste nella creazione di una forza militare multinazionale da impiegare nel continente africano alle prime avvisaglie di una crisi. Uno strumento di questo tipo, se ben studiato, permetterebbe, in ottica futura, di bypassare la “trafila politico-diplomatica” che generalmente precede il lancio di una missione. Tuttavia, data la delicatezza della questione, il discorso è stato rinviato al primo Consiglio Europeo del nuovo anno.
Segnali di grave deterioramento del contesto di sicurezza nella capitale libica sono emersi pesantemente la prima settimana di novembre quando nella giornata del 5 novembre quando due persone, tra cui un comandante della milizia al-Nassour, sono state uccise in uno scontro a fuoco tra la milizia al-Nassour e quella di Souq al Juma, quartiere di Tripoli nel quale sono avvenuti gli scontri.
A circa undici mesi di distanza dagli attacchi aerei francesi in Mali che hanno costretto gli islamisti a sparpagliarsi per tutto il territorio del Sahara, questi ora stanno lentamente cominciando a fare ritorno. Per il nuovo presidente del Mali Ibrahim Boubcar Keita il loro ritorno comporterà una ulteriore difficoltà alla stabilizzazione dell’area del deserto del nord.
OUTLOOK POLITICO Il Fronte Nazionale della Salvezza, coalizione di opposizione tunisina, ha annunciato una mobilitazione nazionale per il 23 ottobre, per sostenere la nomina di un nuovo governo. La data prevista rappresenta il secondo anniversario dalla nascita della coalizione, che nel frattempo non è riuscita a stilare una nuova costituzione, difficoltà dovute ai contrasti tra il partito di governo e l’opposizione.
Il 2 agosto il Dipartimento di Stato USA ha lanciato un allerta mondiale circa la possibilità di attentati terroristici per mano di al Qaeda nei confronti di personale americano in Medio Oriente e Nord Africa. Le "gravi e credibili minacce" giunte all'intelligence statunitense hanno portato all'annuncio della chiusura il 4 agosto di uffici diplomatici in 18 Paesi: Afghanistan, Algeria, Bahrain, Bangladesh, Djibouti, Egitto, Iraq, Israele, Kuwait, Libia, Giordania, Qatar, Mauritania, Oman, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti (UAE), Sudan e Yemen. La Gran Bretagna provvederà similmente con la chiusura dell'ambasciata in Yemen, così come Germania e Francia.