La Turchia ormai da diversi mesi ha incrementato la sua presenza in Libia, in prima battuta appoggiando il Governo di Accordo Nazionale di Fayez al Sarraj, inviando armamenti e attrezzature militari. Successivamente ha stipulato un accordo con lo stesso governo per lo sfruttamento delle risorse petrolifere nella Zona Economica Esclusiva libica decretando di fatto una presenza economica oltre che militare.
Ladies and Gentlemen a questo punto il vero problema non è più la Cina ma l’Africa. L’Africa infatti è una vera bomba biologica ad orologeria. L’attenzione oggi è rivolta tutta verso i cinesi ed in generale agli asiatici, ma si sta commettendo un grave errore. La Cina è ormai monitorata e contingentata, il governo ha messo in quarantena 60 MILIONI di persone (come dire l’intera popolazione Italiana), ma la comunicazione tardiva da parte delle autorità Cinesi in merito al virus, ha di fatto permesso a questo di potersi diffondere a livello globale, generando un principio di pandemia. Il peggio deve ancora arrivare e non arriverà dalla Cina ma dall’Africa.
La mire espansionistiche turche si stanno manifestando in tutta la loro natura. Il governo turco, dal momento in cui Mosca e Ankara hanno ripreso una intensa attività diplomatica e di collaborazione in ambito internazionale, ha portato avanti una politica estremamente aggressiva e ambiziosa verso ovest. La Turchia ha costruito una fitta rete di organizzazioni statali e parastatali che progressivamente hanno penetrato i contesti europei e nord-africani, divenendo di fatto un attore di primo piano per gli equilibri geostrategici dell’area del Mediterraneo. Energia e difesa stanno trainando le politiche estere di Erdogan, che approfittando della natura islamista del suo governo, infiltra i governi e i movimenti politici algerini, tunisini, libici, egiziani, serbi, macedoni, greci, albanesi, bosniaci. Agendo rapidamente e mediante la messa a disposizione di grandi risorse, la Turchia infatti sta - già da alcuni anni - influenzando le politiche energetiche balcaniche, in considerazione dell’attenzione strategica che nei prossimi decenni investirà l’area dell’Adriatico.
Che la Turchia stia attraversando un periodo in cui le libertà fondamentali non sono tutelate dallo Stato è ormai sotto gli occhi di tutti. Vorrei però che non fosse sotto gli occhi ma davanti agli occhi. Quello che succede in Turchia è inaccettabile.
Umanamente, politicamente, socialmente inaccettabile. Centinaia di persone continuano a condurre la propria pseudo vita “ospiti” nelle carceri turche, senza nessuna protezione né garanzia: senza nessun diritto. Persone incarcerate senza nessun capo di accusa serio e provato, rinchiuse nelle carceri da mesi in attesa di un processo che nella maggior parte dei casi è una farsa.
Il presidente degli Stati Uniti Trump ha indicato che siamo a pochi giorni dall'annuncio del suo tanto atteso piano di pace in Medio Oriente, dopo l'incontro con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo rivale elettorale Benny Gantz alla Casa Bianca. È probabile che il piano includa il nuovo status quo che è stato implementato, quindi ci si aspetta molto che non sarà popolare tra i palestinesi. Persino lo stesso Trump lo ha riconosciuto, ma li ha assicurati che ne trarrebbero beneficio. È improbabile che il rifiuto di accettare il nuovo piano cambi le cose sul campo, poiché esiste una nuova realtà che stabilisce nuove regole e deve essere la base per qualsiasi nuova visione della pace.
Non ci sarà una terza guerra del golfo.
Il target killed del Generale Soleimani deve essere inquadrato nella necessità del governo USA di ristabilire gli equilibri proporzionali nell’area, tali da riportare gli americani ad un totale controllo dell’espansione iraniana.
L’azione dei militari Usa non può essere messa in relazione alla politica interna statunitense ed ai problemi del Presidente.
Non vi è dubbio che si sta verificando un cambiamento significativo nella condotta della politica internazionale. Le relazioni internazionali sono sempre più basate sull'interesse economico e meno su alleanze e valori ideologici. Ciò sta avendo un impatto globale, ma per un paese come la Giordania, che è totalmente dipendente dai suoi alleati, richiede una revisione urgente della sua posizione e del suo approccio che si basa attualmente sul valore sottostante delle sue alleanze politiche percepite, che si sono chiaramente spostate.
“Bisogna lavorare insieme. Tutti. Stati, istituzioni, religioni, culture. Lavorare insieme per lo sviluppo integrale di ogni uomo e di tutto l’uomo”. Lo afferma padre Rifat Bader, 48 anni, sacerdote cattolico di nazionalità giordana, direttore del Catholic Center for Studies and Media in Giordania. Padre Rifat nei giorni scorsi era a Cagliari per partecipare all’incontro “Percorsi, popoli e religioni a confronto” svoltosi alla Mediateca del Mediterraneo.
Si è tenuto lo scorso 16 novembre ad Abu Dhabi il primo incontro tripartito tra Emirati Arabi Uniti, Cipro e Grecia alla presenza di Sua Altezza lo sceicco Abdullah bin Zayed Al Nahyan, ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, e i suoi omologhi, il cipriota Nikos Christodoulides e il greco Nikos Dendias.
La scorsa settimana ha segnato 30 anni dalla caduta del muro di Berlino. Questa sarà sempre una data straordinaria nella storia, poiché ha segnato la fine della Guerra Fredda e il confronto dei due blocchi. La guerra fredda è stata anche il segno di spicco della politica globale che è stata modellata in base alle alleanze ideologiche, poiché l'ideologia ha svolto un ruolo importante nel modellare la natura delle alleanze e il ruolo dell'alleato. Molti paesi si sono trovati a svolgere un ruolo o a far parte di alleanze secondo questi criteri nell'ultima generazione.