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24-12-2015

La Repubblica Centrafricana al voto

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Fonte: voanews.com Fonte: voanews.com

È tempo di elezioni nella Repubblica Centrafricana, tappa fondamentale nel processo di guarigione di un Paese spaccato dalla guerra civile.

 

 Dopo il referendum del 13 dicembre con il quale è stata approvata una nuova costituzione, domenica 27 è il giorno scelto dall'Autorità Nazionale per le elezioni legislative e presidenziali (eventuale ballottaggio il 31 gennaio).

Preoccupa, però, il contesto nel quale la gente è chiamata a votare. Nel grande paiolo dell’instabilità centrafricana, si amalgamano tra loro pericolosi ingredienti: divisioni etniche, povertà, corruzione, debolezza delle istituzioni, tanto per nominarne alcuni. Il momento elettorale, da solo, può garantire ben poco: sarebbe come chiedere a un bambino di correre una maratona dopo aver appena imparato a camminare. I tempi non sembrano essere sufficientemente maturi: basti considerare che soltanto tre mesi fa, nuovi scontri causarono la morte di diverse persone e il conseguente spostamento delle elezioni (previste per il 18 ottobre).

Che fare dunque? La macchina è ormai in moto e forzarne l’arresto – rimandare ulteriormente le elezioni – potrebbe portare più problemi che benefici. Esempio: se Catherine Samba-Panza, presidente ad interim e quindi non candidabile, dovesse spingere per un nuovo rinvio – supponiamo per ragioni di sicurezza –offrirebbe alle milizie un facile pretesto per riprendere le armi, dietro la scusa di voler combattere un leader non eletto e intenzionato a tenersi le redini del potere. Inoltre, data la situazione, pochi mesi non farebbero comunque la differenza.

Nell’immediato, il peso graverà sulle spalle della missione ONU MINUSCA (United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in the Central African Republic) che avrà il compito di vigilare sul corretto svolgimento cosicché siano “libere, eque, trasparenti e inclusive” in quanto strumento per “supportare l’implementazione del processo di transizione” (MINUSCA Mandate).

Poi, in un’ottica di medio-lungo periodo, gli sforzi dovranno concentrarsi sulle operazioni di disarmo e de-mobilitazione (DDR – Disarmament, Demobilisation and Reintegration): quali parte di una più ampia riforma del settore della sicurezza (SSR – Security Sector Reform), sono una delle colonne portanti di qualsiasi piano di stabilizzazione in scenari di post-conflitto. Il processo è già stato avviato ma dev’essere rafforzato. Come affermato dalla Dott.ssa Veronique Barbelet, “[questi] programmi sono essenziali nel ripristinare la pace. Però devono essere eseguiti in modo ottimale, rivolgendosi a tutti i gruppi armati presenti nel Paese. Infatti, il fallimento degli ultimi programmi di disarmo del 2012 è ritenuto uno dei fattori che  hanno portato al sollevamento delle milizie Séléka” (LSE).

Alessandro Mazzilli

Laurea in Scienze Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Torino.

Esperto in Politica Estera di Difesa e Sicurezza e sulle relazioni Euro – Atlantiche.

Analista Geopolitico

Consulente in Servizi di Stuarding e controlli di sicurezza.

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