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11-05-2016

RAID TURCHI CONTRO PKK

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Alla luce degli eventi che hanno caratterizzato l'Europa nelle ultime settimane, occorre individuare connessioni tra l'evolversi della situazione siriana e irachena con le iniziative intraprese dal governo turco. Negli ultimi mesi Erdogan ha promosso politiche estremamente repressive nei confronti di stampa, opposizione, dissidenti interni al partito di governo, ma soprattutto sta conducendo una campagna di raid con F-16 e F-4 contro le postazioni di combattenti del PKK nelle aree a nord dell'Iraq (Zap) e nella Turchia sud-orientale.

Gli attacchi terroristici che hanno colpito le città di Ankara e Istanbul nelle settimane passate testimoniano un aumento della tensione che comporta inevitabilmente: 1) un inasprimento delle politiche di sicurezza da parte di Ankara; 2) richiesta di maggiore coesione interna e sostegno da parte del governo centrale; 3) legittimità per operazioni militari in aree di confine con Siria e Iraq.

Le attività militari nel località di confine con Siria e Iraq, motivate da Erdogan con la necessità di contenere la minaccia del PKK e di Daesh, determinano però un contesto di elevata instabilità che garantisce una certa libertà di movimento per chiunque trasporti armi, greggio o uomini al confine tra Turchia, Siria e Iraq. Tale situazione non fa che alimentare sospetti sul ruolo svolto fino ad ora dalla Turchia in Siria e nei confronti di Daesh, ambiguità rese ancora più preoccupanti dalle informazioni circa continui scambi commerciali (in particolare petrolio) con gruppi legati a Daesh (è da tenere sotto controllo l'attività turca nell'area di Manbij, 30 km dal confine turco, di enorme interesse strategico).

Erdogan nel frattempo cerca di giocare su più fronti, tenendo in piedi la questione dei migranti, cara all'Europa, o intavolando trattative con Israele per normalizzare i rapporti tra i due paesi in vista anche di future collaborazioni in campo energetico, con l'acquisizione di circa 8 mld di metri cubi di gas israeliano entro il 2021. Guardando a est, Erdogan non sottovaluta nemmeno l'importanza di mantenere rapporti di collaborazione con Iran e Azerbaijan. La Turchia cerca poi di mantenere alta l'attenzione sull'innalzamento della tensione nella regione del Nagorno-Karabakh, mostrandosi prevedibilmente vicina alle posizioni di Baku nella disputa con Erevan.

Il tentativo di Ankara di distogliere l'attenzione da questioni capaci di indebolire la leadership di governo agli occhi dell'opinione pubblica persisterà nei prossimi mesi. Non bisogna però escludere la possibilità di nuovi attentati di bassa entità nelle città di Ankara e Istanbul nel breve termine. Inoltre, preoccupa l'impatto che produrrà il ritorno dalla Siria di numerosi combattenti curdi nelle aree a sud-est della Turchia, che potrebbero doversi confrontare con un'escalation di attività militari da parte di Ankara. 

 

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Claudio D'Angelo

Laureato con lode in Scienze per l’Investigazione e la Sicurezza presso l’Università degli Studi di Perugia.
Laureando in Ricerca Sociale per la Sicurezza Interna ed Esterna (Safety and Security Manager).
Analista di intelligence perfezionato nell'analisi del rischio, nell'individuazione delle possibili minacce terroristiche e nella vulnerabilità dei siti industriali, delle infrastrutture critiche e degli obiettivi strategici.
Esperto nella gestione degli scenari di emergenza e nella tutela e la messa in sicurezza di personale operante in aree di crisi, con specifico expertise dell’area mediorientale.
Redattore per il magazine – online Convincere, svolge ricerche nel campo della diffusione dei movimenti Jihadisti in Medio Oriente e Africa, nell’applicazione della teoria dei sistemi complessi alla società e della Network Analysis nel processo di analisi d’intelligence.

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